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ABBATTIMENTO LUPI: Strumento di Gestione Efficace?

04/04/2025


Minaccia Lupi: Quando l'Abbattimento Diventa Necessario per la Sicurezza.

 

Il lupo è tornato, e con lui il conflitto.
Dalle cime alpine ai pascoli appenninici, il suo ululato non è più solo un richiamo selvaggio: per molti, è un segnale di allarme.
In Italia, dove oltre 3.300 lupi vagano tra boschi e vallate, la domanda è inevitabile: abbatterli può essere la chiave per gestire un predatore che minaccia bestiame e sicurezza?
La Commissione Europea dice sì, declassando il lupo a “specie protetta” nel dicembre 2024 e aprendo la strada a prelievi controllati. Ma funziona davvero? Tra fucili, numeri e realtà sul campo, cerchiamo risposte.

 


Abbattimento lupi in italia
 

Un predatore fuori controllo?

 

Negli anni ’70, il lupo italiano era un’ombra prossima a svanire, con appena 100 esemplari.
Oggi, grazie alla protezione legale, ISPRA ne conta 3.300: 2.800 nell’Appennino, 500 nelle Alpi, e una presenza crescente in collina. Un trionfo ecologico, certo, ma a caro prezzo.
Gli allevatori, spina dorsale delle nostre montagne, denunciano perdite pesanti: 2-3 milioni di euro l’anno, con pecore e capre sbranate a centinaia. In Piemonte, il 70% dei lupi del Nord Italia colpisce duro; in Trentino e Toscana, i pascoli sono un campo di battaglia.
“Non dormo più la notte,” confessa un pastore abruzzese. E poi ci sono i casi rari ma inquietanti: la lupa di Vasto, nel 2023, ha aggredito dieci persone prima di essere catturata.

 


Abbattimenti: cosa dice la legge
 

Il nuovo status europeo cambia le carte in tavola.
Non è più un tabù: i lupi si possono abbattere, ma con regole precise. ISPRA, che supervisiona tutto, autorizza deroghe solo per danni gravi o rischi concreti.
Nel 2025, i numeri sono chiari: 3-5 lupi all’anno in Trentino-Alto Adige, fino a 15 in Emilia-Romagna, 2 in Alto Adige. In totale, si parla di 20-30 abbattimenti su scala nazionale, mirati a lupi “problematici” – quelli che attaccano troppo o si avvicinano all’uomo.
È poco rispetto ai 400 lupi già uccisi illegalmente ogni anno, ma è un segnale: la gestione attiva è iniziata.

 


Funziona davvero?

 

Qui casca l’asino. Per i cacciatori e gliallevatori, abbattere è una vittoria di buonsenso: meno lupi, meno predazioni.
“Se colpisco il capobranco, il resto scappa,” dice un cacciatore veneto con anni di esperienza.
Ma la scienza frena gli entusiasmi. ISPRA e i biologi di Life WolfAlps avvertono: eliminare un lupo dominante può spezzare il branco, lasciando lupi solitari più affamati e imprevedibili.
In Norvegia, dove si abbattono decine di lupi ogni anno, le predazioni non calano. E in Italia? I numeri sono troppo bassi per fare la differenza: 30 lupi su 3.300 sono l’1%, una goccia nel mare.

 


L’altra faccia della medaglia
 

Il lupo non è solo un problema. Nelle valli, regola cinghiali e caprioli, bestie che devastano campi e boschi.
Senza di lui, i danni potrebbero spostarsi altrove. E poi c’è il bracconaggio: allentare la protezione rischia di dare il via libera a fucilate fuori controllo, come i 400 casi annui già registrati.
“Meglio investire in recinzioni e cani da guardiania,” suggeriscono gli esperti. In alcune zone alpine, queste misure tagliano le predazioni del 90%. Ma per chi vive di pascolo, aspettare non è un’opzione.

 


Gestione sì, ma intelligente
 

L’abbattimento può essere uno strumento, non la soluzione. 20-30 lupi all’anno fermano un’emergenza locale – un predatore troppo audace, un branco fuori controllo – ma non risolvono il conflitto.
Serve di più: rimborsi rapidi agli allevatori, prevenzione che funzioni, regole chiare per i cacciatori.
Il lupo è parte del nostro paesaggio, un avversario degno di rispetto.
Gestirlo efficacemente significa trovare un equilibrio, non dichiarare guerra. Perché in montagna, tra un ululato e un colpo di fucile, c’è un’Italia che vuole vivere, non solo sopravvivere.

 

 



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